Mamma ad Alto Contatto

Alto contatto

Mi ritengo una mamma ad alto contatto, ma cosa significa Alto Contatto?

Personalmente ritengo che l’alto contatto sia la più alta forma di ascolto delle necessità dei propri figli. Ognuno lo vive a seconda della propria vita e delle esigenze dei propri piccoli. Non è un percorso difficile, anzi, è molto più naturale, istintivo e facile rispetto a ciò che fino ad ora mamme, nonne e addetti al settore ci hanno sempre propinato, il difficile semmai è sradicare (da noi in primis e secondariamente da chi ci circonda) errate convinzioni e modi di pensare che hanno rovinato intere  generazioni di persone.
Noi madri ad alto contatto infatti siamo spesso viste come degli alieni, come delle madri che viziano i propri figli, come delle madri poco severe e che coccolano troppo. Tra le accuse che più spesso ci vengono rivolte c’è quella che siamo noi a non volere che i nostri bimbi crescano indipendenti e cerchiamo di tenerceli stretti il più possibile.
Quanta acredine e quante convinzioni errate si celano dietro a queste terribili parole! Il bello dell’alto contatto è proprio la prova dei fatti, quando queste persone così pronte a sparare giudizi si accorgono che i nostri bimbi non solo crescono benissimo come tutti gli altri ma sono spesso molto più indipendenti di quanto potevano aspettarsi, sono molto poco mammoni, ma soprattutto sono bambini felici e rilassati perché hanno vissuto i primi anni della loro vita (quelli che formano il carattere e la vita del domani) senza stress e costrizioni, hanno imparato l’amore per la vita, hanno imparato ad essere amati, ad esternare i propri sentimenti e non hanno mai provato nessuna forma di abbandono.

Ma come si traduce l’alto contatto nella vita di tutti i giorni?




Cominciamo con lo sfatare il mito secondo cui alto contatto significa tenersi stretto il proprio figlio h24. L’alto contatto è in primis l’ascolto dei suoi bisogni siano essi esigenza di coccole e carezze siano essi l’essere lasciati in pace, tranquilli.

Nel mio caso (anzi nel mio primo caso, col secondo vi farò sapere!) ho tenuto la mia piccola a stretto contatto con me per tutto il suo primo anno di vita e man mano nel secondo e terzo calando gradualmente questa vicinanza seguendo il mio istinto e seguendo i suoi progressi nell’esplorazione dell’ambiente circostante. Questo voleva dire portarmela addosso (in braccio o in fascia) per buona parte della giornata, imparando a fare i mestieri quotidiani con lei sempre attaccata, l’ho allattata fino ai suoi 27 mesi ed ha sempre dormito con noi prima nel lettone e poi autonomamente ha voluto spostarsi nel suo lettino (posizionato a fianco del nostro à side bed) sapendo che in caso di problemi, paure ecc. avrebbe potuto tornare a dormire in mezzo a mamma e papà! 

All’inizio è stata dura, il dover mettere da parte le proprie esigenze, le proprie passioni, hobby, la propria libertà per dedicarsi anima e corpo a quel piccolo esserino piangente che dettava orari ed abitudini, senza poter dormire una notte di sonno decente, senza potersi prendere un’ora per se stesse, facendo docce velocissime e silenziose con l’orecchio costantemente teso ad ogni suo singhiozzo, senza poter andare in bagno da sole… eppure ce l’ho fatta, ho scoperto risorse ed energie che non credevo di avere, ho imparato l’arte del funambolismo, dell’organizzazione, del risparmio di tempo ed energie, ho imparato a districarmi nelle situazioni più impensabili, ho imparato l’ambidestria e cosa vuol dire essere davvero multitasking!



Certo tutto questo è possibile solo se si sceglie di non lavorare fuori casa altrimenti questo tipo di approccio diventa più difficoltoso (anche se conosco mamme che ce l’hanno fatta ugualmente) dato che in Italia la maternità è considerata alla stregua di un handicap invalidante e noi donne siamo trattate peggio di appestati…

Ovviamente tutto questo è anche possibile se accanto c’è una figura paterna presente (anche se come il mio lavora fuori casa per tutto il giorno), un marito che capisca le esigenze della nuova famiglia, che condivida l’approccio educativo e che ci sostenga come madri e come donne, che non ci faccia sentire dei blob informi per colpa di quei chili di troppo che non se ne vogliono andare, che condivida il piacere di stare con i figli, che giochi con loro e che magari li cambi dando alla madre quella mezz’oretta di relax tanto bramata. Un padre e un marito che non ci faccia sentire sole.

Oltre a ciò, per non andare contro i miei credo sull'ambiente e il risparmio, utilizziamo i pannolini lavabili e cerchiamo di usare meno creme e detergenti possibili, optando per scelte più naturali ma altrettanto efficaci.


Ci sono numerosi testi di riferimento che parlano di alto contatto, se l’argomento vi interessa o se volete approfondirlo vi suggerisco innanzitutto la pagina facebook M.A.C. Mamme ad alto contatto e vizi d'amore - Maternage  in cui troverete numerosi articoli sui più svariati temi riguardanti l’alto contatto e l’educazione dei figli (articoli sul portare, sui pannolini lavabili, sul cosleeping, sul gioco, sull’alimentazione…)e poi di procurarvi libri come “E se poi prende il vizio?” di Alessandra Bortolotti, testi che si basano sull’educazione Montessori (come “Avremo un bambino” e “Abbiamo un bambino” editi da RED),  e molti altri che magari vi consiglierò nei prossimi post, ho intenzione infatti di creare una nuova rubrica in cui recensisco alcune letture che per me sono state importanti.

photo credit: lasandri via photopin cc

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